martedì 10 gennaio 2012

Una parola che dà torto a tutti, tranne che a noi

Ennio Flajano:

La lingua italiana non è adatta alla protesta, alla rivolta, alla discussione dei valori e delle responsabilità, è una lingua buona per fare le domande in carta da bollo, ricordi d’infanzia, inchieste sul sesso degli angeli e buona, questo sì, per leccare. Lecca, lecca, buona lingua italiana infaticabile, fa il tuo lavoro per il partito o per i buoni sentimenti, ma lascia la rivolta...

Ho spesso pensato che Flajano avesse ragione, ma ora penso che possiamo dargli torto (ne sarebbe felicissimo, suppongo).


 

Letture assurde degli ultimi mesi

In questi ultimi mesi, ho trascurato le mie abituali letture a vantaggio di quelle di economia e di finanza. Riconosco, con la gratitudine che il condannato prova per il boia che gli dà un buffetto, di avere capito molte cose.

Ma mi irrita parecchio dover riconoscere che se la crisi non fosse così grave non sarei corso in questo modo a caccia di informazioni specializzate. Infatti, in un mondo normale, io faccio l'italianista, tu fai l'economista, tu fai il messaggero; ognuno fa il suo mestiere e il mondo va passabilmente avanti. In un mondo come questo, cioè quello che l'Italia, pur con tutte le sue storture, appariva a me e a tanti altri, sarebbero bastate, a me e a tanti altri come me, le informazioni economiche che avevo, cioè quelle informazioni che un pedone non specializzato riceve, confronta e utilizza per regolarsi nella normalità. Niente di strano: fino a luglio, è andata così, per tutti, anche per quelli che non si informano per nulla.

Mi irrita dunque parecchio constatare che noi pedoni affaccendati nelle nostre faccende, a un bel momento, ci siamo trovati in un mondo diverso e a dover leggere, improvvisamente, che tutti gli esperti improvvisamente concordavano che era fatto così.

Volete scherzare, principi, araldi e messaggeri? Se chiedete a me e a cento miei colleghi un'opinione su un qualsiasi argomento relativo alle mie materie vi posso assicurare che non ricaverete opinioni così discordanti come discordanti sono state le vostre fino al giugno scorso. Per non parlare poi delle previsioni.


La parola del tradimento

Cerco di dirlo nel modo più cortese possibile: noi pedoni siamo stati traditi, ci è stata nascosta la verità, con la menzogna, con la reticenza e con l'argomentazione che ha per argomento se stessa. E noi siamo cascati nell'argomentazione, ognuno di noi nell'argomentazione che gli piaceva di più: bar che frequenti, giornale che leggi, partito che voti, opinione che hai. Abbiamo dunque qualche colpa, ma il dolo si trova altrove (per esempio qui  e qui).

Ma torniamo alle parole di Flajano, perché il tradimento si è compiuto attraverso la parola. E allora io mi permetto di ricordare, proprio ora, quando cioè contano massimamente le parole tecniche dell'economia e della politica, mi permetto di ricordare e anzi di ammonire che abbiamo un patrimonio di parole, e dunque di idee e di bellezza, che l'economia e la finanza, per non dire della politica, hanno finora violentato a turno e in gruppo.

Dovremmo cominciare a usare le parole per dirci qualche verità su noi stessi, tanto per cominciare. Provare a domandarci se quelle idee che ci hanno condotto qui non siano in realtà una montagna di cazzate che abbiamo consentito a noi stessi e a qualcun altro di riempirci la testa.

Riprendiamoci la nostra parola, diamo torto a Flajano e, già che ci siamo, pure a Montale. Dimostriamo che la lingua italiana è capace capacissima di dire che cosa siamo e che cosa vogliamo.

Io comincio: vorrei vivere in un paese dove la gente dice quel che vuole fare e lo fa. Meglio ancora: lo fa senza dirlo, e usa la parola per qualcosa di meglio che farsi pubblicità.