giovedì 26 gennaio 2012

Libertà, libertà di stampa, dei giornalisti, d'altri e d'altro ancora

Reporter senza frontiere pubblica i nuovi dati sulla libertà di stampa nel mondo e colloca l'Italia al 61° posto, in discesa dal 50° che occupava nel 2010.

Ho qualche osservazione da fare sulla Nota metodologica.


Libertà dei giornalisti = libertà di tutti
In primo luogo, Rsf fa coincidere la libertà di stampa con la libertà dei giornalisti, e la libertà dei giornalisti è definita da loro stessi rispondendo a un questionario (le domande riguardano la violenza fisica, la pressione finanziaria, amministrativa e giudiziaria, la difficoltà di accesso alle informazioni, la censura e l'autocensura). Bene.


Però vorrei osservare che in un paese dove un cittadino, a causa della sua professione, non è libero, in quel paese sono potenzialmente non liberi anche gli altri cittadini, e dunque non solo in quel paese non è garantita la libertà di stampa, ma, più in generale, non è garantita la libertà o, se vogliamo restringere il campo, la libertà di espressione, di pensiero, di parola.

Da questo punto di vista, la classifica di Rsf ha o potrebbe avere un valore più alto, cioè di essere anche una classifica della libertà.


Libertà e qualità
La Nota metodologica si conclude con questa affermazione: "in nessun caso, questo lavoro è indicativo della qualità della stampa". Che cosa significa? Che ci può essere un'ottima qualità nella stampa non libera? Che la stampa libera può essere di pessima qualità?

Se non vi è relazione tra la qualità della stampa e la libertà della stampa, è evidente che non ci deve essere una relazione troppo stringente tra la libertà di stampa e la libertà del giornalista, dal momento che la qualità della stampa dipende molto dalla qualità del giornalista. O sbaglio?

La metterei così.

Primo. Dove al giornalista non è garantita la libertà, manca la libertà in generale e la qualità della stampa non è buona, per quanto i giornalisti possano essere ottimi (ma ci saranno in ogni caso molti giornalisti asserviti, cioè pessimi).

Secondo. Dove al giornalista è garantita la libertà, c'è libertà in generale, ma la qualità della stampa è tutta da verificare, perché la qualità non dipendendo dalla libertà dovrà dipendere dalla qualità dei giornalisti (anche in un paese privo di giornalisti asserviti, tra i giornalisti vi saranno gli ottimi, i buoni, i pessimi). O diamo per scontato che un giornalista sia sempre in grado di garantire una buona qualità?

La classifica di Rsf mi pare dunque viziata, su questo punto, da una certa autoreferenzialità, cioè da un punto di vista che fa coincidere nella figura del giornalista un po' troppe cose.


E la nostra qualità? (per non parlare della libertà)

A un cittadino come me interessano, nell'ordine: il livello di libertà del mio paese (cioè il livello di libertà dei cittadini, inclusi i giornalisti), il livello di libertà della stampa, il livello di qualità della stampa.

Dunque, mi piacerebbe che la stampa parlasse di queste cose, anzi mi piacerebbe soprattutto che parlasse della sua qualità, perché penso che sarebbe la chiave per intendere, risalendo le categorie, al suo livello di libertà e infine al livello di libertà del nostro paese.

Una barzelletta attribuita a Benedetto Croce dice che Dio, dopo aver creato il mondo, si accorse che mancava un essere perfetto, colto, elegante, produttivo, utile a tutti. E creò allora il professore universitario. Dopo qualche tempo, si accorse che il mondo era stato sbilanciato da questa perfezione e che serviva ora un contrappeso, cioè un essere spregevole, invidioso, ignorante. E creò il collega del professore universitario.

Parlar male dei colleghi, è talmente facile che si perde di vista che si parla male anche di noi, non dico per le stesse nefandezze che attribuiamo ai nostri colleghi, ma per altre, che magari non scorgiamo. Dipende da quanto tempo si passa a pettinarsi davanti allo specchio.


E allora, giornalisti, ne vogliamo parlare della qualità della nostra stampa? Siete liberi o no di farlo?