mercoledì 4 gennaio 2012

L'opportunità liberale e il silenzio della cultura

Da qualche mese, è in atto nel nostro paese un vero e disperato tentativo di rivoluzione: la rivoluzione liberale.

È molto probabile che, in questi termini, se ne siano accorti in pochi, cioè i soli liberali, che sono un numero ridottissimo rispetto a quelli che si dichiarano tali (di questa specie posticcia e ipocrita ne troviamo ovunque, a destra a sinistra e persino al centro).

Come tutte le rivoluzioni fallirà. E con essa il nostro paese. E se non fallirà, ci dovremo accontentare di vivere peggio, molto peggio, e al servizio di altri.

In ascolto degli economisti
Dal momento che questo tentativo di rivoluzione origina chiaramente dalla crisi economica e finanziaria, il dibattito, sui giornali e altrove, si è focalizzato su questi argomenti, e dunque è nelle mani degli esperti di quei settori (che Dio li perdoni).

Lo spazio che, in epoche diciamo normali, era riservato alla riflessione più ampiamente culturale, si è ridotto, sicché oggi i cosiddetti intellettuali occupano una posizione decisamente secondaria, o tacciono addirittura o parlano di aria fritta o di se stessi, che è la stessa cosa. 

Le culture prevalenti
Assistiamo, in altri termini, alla resa degli intellettuali di fronte a una realtà della quale non governano l'alfabeto e sulla quale non hanno, in buona sostanza, niente da dire o niente di interessante da dire.

Una delle ragioni di questa sordina è che gli intellettuali in Italia appartengono quasi tutti alle due culture che coprono la pressoché totalità dei cittadini: la cultura cattolica e la cultura marxista.

Queste due culture, e il loro secolare scontro, sono i presupposti della situazione nella quale ci troviamo ed è dunque chiaro chiarissimo che gli intellettuali si astengono.

La cultura liberale
La cultura liberale, in Italia, c'è ed è persino di livello internazionale, ma questo suo livello lo esercita sui temi propri del liberalismo: l'economia, la politica e la filosofia. Due padri: Luigi Einaudi e Benedetto Croce.

Quanto ad altri aspetti della cultura, agli aspetti più specificamente italiani della cultura, voglio dire l'arte, la musica e la letteratura, la cultura liberale non è di livello internazionale, anzi, a ben guardare, è di livello persino inferiore alla cultura cattolica e alla cultura marxista. Per esempio, gli errori di valutazione dei fenomeni letterari compiuti da Francesco De Sanctis e da Benedetto Croce pesano come macigni sull'educazione dei cittadini italiani e hanno delle enormi responsabilità nell'averli indirizzati a privilegiare le interpretazioni cattoliche o marxiste, già di per sé culturalmente prevalenti.


Tutto, tranne la nostra ricchezza
Sicché oggi, in Italia, manca un pensiero che raccordi le ricette tecniche di uscita dalla crisi (tipicamente economiche) con la nostra cultura, che esiste ed è infinitamente superiore ai suoi interpreti cattolici, marxisti o liberali o altro ancora che siano, i quali però l'hanno soggiogata alle loro ideologie, e l'hanno strumentalizzata alle varie faziosità che abbelliscono il costume di Arlecchino.

L'esempio più eclatante è Pasolini: in fondo certi aspetti sono nostri, dicono i cattolici; in fondo ci votava, dicono i marxisti; in fondo, la sua analisi del mutamento antropologico del sottoproletariato ci appartiene, dicono i fascisti. Pasolini è di tutti, dunque, tranne che di se stesso. E tutto quel che ha detto, con tutte le contraddizioni di cui era consapevole e quelle di cui non era consapevole ma che costituiscono appunto il sugo della storia; ebbene, tutto quel che ha detto, una volta ricondotto nell'alveo di una qualsiasi ideologia, finisce di parlare e comincia a... educare.

Il gioco facile e suicida della politica
Nel vuoto intellettuale, l'Italia è stretta tra il tecnico dell'economia e il politico, un tipo umano del quale è difficile dire qualcosa di negativo che non sia già stato detto, ed è difficile dire qualcosa di positivo che non sia ridicolo. Tuttavia, concediamoglielo, il politico fa quel che può, cioè riproduce in politica quel tanto di cultura che ha: ideologia faziosa. Il gioco, oggi, gli riesce ancora più facilmente di prima. E così, il cerchio si chiude su sé stesso. Ma, tanto, non se ne accorge nessuno.