martedì 2 ottobre 2012

Spostare le montagne

Per superare gli ultimi 50 metri di dislivello impiegammo un'ora intera.

Con il rallentamento del ritmo, la montagna cresceva e la volontà diminuiva. La determinazione, presupposto indispensabile per proseguire, si riduceva di passo in passo: svaniva esattamente come la motivazione, la resistenza, le forze, la speranza.

La rarefazione dell'ossigeno alle grandi altitudini rovescia i termini del principio di prestazione. Quanto maggiore è il tempo che uno impiega, tanto più vana diventa la sua attività. Nel sangue lo zucchero continua a circolare a sufficienza, ma non c'è più energia in testa. Manca l'ossigeno, senza il quale non c'è possibilità di carburazione. E' come vivere sotto una campana di vetro, è come essere privati di ogni energia vitale.

Alla fine la chiave del successo fu il modo in cui ci eravamo prefigurata l'impresa: l'esserci per anni e anni confrontati nella mente con quel problema. La velocità e la capacità di sopportare le sofferenze erano le condizioni per riuscire a resistere e a farcela.

Fu la motivazione accumulata ancor prima di cominciare la salita, una specie di volontà superiore ed esasperata, quella che rese possibile l'arrampicata in quota nonostante il rifiuto della mente di combattere contro la stanchezza del corpo.

Ci opponemmo con ostinazione alla disperazione causata dalla vista del ripido, infinito spigolo terminale a 8800 metri di quota. Dobbiamo arrivarci! E ci arrivammo.

Io ci ho creduto. Fino alla conclusione. E con quanta naturalezza ci sedemmo infine sulla vetta! Ci eravamo impuntati a realizzare un'utopia, e improvvisamente ci eravamo riusciti. Era diventata realtà.

La determinazione può spostare le montagne.
(R. Messner)

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