Ieri, 27 settembre, al Teatro Dal Verme di Milano si è tenuto il secondo incontro degli attivisti milanesi e lombardi di Fermare il declino.
Se andando al Teatro Dal Verme ero desideroso di confermare la mia adesione a Fermare il declino (al mattino avevo volantinato),
ascoltando i discorsi e poi uscendo e chiacchierando con il mio amico Roberto,
il desiderio si è tramutato in una specie di urgenza di fare qualcosa.
Credo che tutti i 1500 presenti in sala e i 400 rimasti
fuori davanti a un maxischermo abbiano provato e si siano reciprocamente
trasmessi la stessa sempre più concreta impressione: che ci troviamo di fronte
a un passaggio cruciale della nostra vita personale e collettiva.
L'idea che ne avremmo volentieri fatto a meno, che ho covato
nei primi mesi della crisi, è definitivamente scomparsa. Bisogna metterci la faccia,
il tempo, le competenze; bisogna farcela da soli, anzi è l'unica possibilità. I
problemi visti come opportunità. Identificarsi con le soluzioni, non farsi
risucchiare dagli inevitabili problemi che gli avversari, cioè il sistema
partitocratico centralista statalista, massimizzeranno per minimizzare le loro
responsabilità.
Queste responsabilità sono: inganno del popolo (menzogne e
mistificazioni pseudo-ideologiche), sfacelo etico e istituzionale, dolo nella
gestione economica della cosa pubblica.
E allora, sotto! Sì perché io del nostro grande passato non
intendo mica vergognarmi per causa di una generazione di maschere da leader e i
loro gerarchi da strapazzo. Né intendo sopportare a lungo questo umiliante
presente pieno di incertezze nel quale l'incertezza più umiliante è non sapere
con quali regole le maschere da leader e i loro gerarchi intenderanno portarci
alle prossime elezioni, e temere che combineranno un trucco all'ultimo momento,
per salvarsi.
La soluzione non è cambiare il sistema partitocratico,
magari agendo dall'interno (come qualcuno, rispettabile ma non affidabile, fa)
ma, come ha gridato ieri Oscar Giannino, abbatterlo. Cioè proporre alle elezioni un'alternativa
irriducibile ai compromessi con le forze che hanno prodotto il disastro. L'idea è immoderata e semplicissima, ma per ottenere lo scopo deve
diffondersi.
Noi tutti ieri sera abbiamo capito che è possibile. Al primo
incontro il 13 settembre eravamo in 100. Al secondo, ieri, 2000. La strada è
questa: condividere la convinzione che sia possibile riprenderci il timone
della nostra esistenza con tutti coloro che hanno perso la speranza oppure che
hanno qualche remora sentimentale a interrompere il patto, magari antico, con
il loro partito di riferimento.
Perché no? Ieri c'erano tutti. Difficile dire quale
categoria sociale prevalesse. Gente di tutte le età e, apparentemente, di tutte
le condizioni. Ognuno con la sua storia, la sua formazione. Mi sento di dire
che c'erano elettori fino a ieri di ogni partito, e anche non elettori.
Eppure, come durante uno spettacolo ben fatto, gli applausi
erano concordi, e i momenti di attenzione e di riflessione pure. Quanti si
conoscevano tra di loro? Non molti, a giudicare dalle facce che si guardavano
in giro alla ricerca di, a giudicare dai pochissimi gruppetti, a giudicare dalla
rapidità con la quale il pubblico è uscito e si è disperso. Ho avvertito tra
tutti l'esigenza comune di conoscerci, di discutere per capire se è vero che
proprio tutti siamo d'accordo. Io so che siamo d'accordo, lo so perché l'energia
che abbiamo liberato non mente. Si può chiamarla energia positiva, o stato
nascente, come la chiamava Alberoni. O forse consapevolezza che, se non ora,
quando?
Questa energia, come mi induce a scrivere per la prima volta
in vita mia un articolo consapevolmente ingenuo come questo, procede come un passaparola
anche perché si alimenta con il senso di responsabilità civile, l'impegno
morale, come lo ha chiamato ieri Luigi Zingales, dicendo del proprio ed
esprimendo quello che si sta risvegliando in tutti.
Concordo pienamente e soprattutto concordo sul fatto di creare rete, di far diventare quei gruppetti sparuti un unico fronte compatto. Questo credo che sia possibile farlo solo discutendo e lavorando fianco a fianco per Fermare il Declino!
RispondiEliminaGiovanni
Peccato che al fondo sia apparso il nome Zingales...
RispondiEliminabisogna fare rete, organizzare i gruppi, ormai dobbiamo diventare un partito e darci una struttura anche sul teeritorio, altrimenti ci fermiamo.
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