lunedì 14 maggio 2012

La pubblica amministrazione va verso l'autarchia

Non credo che nessuno abbia mai chiesto alla sua domestica di precisare su quali spese faccia abitualmente la cresta. Sono cose che non si chiedono: o non le sai o le tolleri o la licenzi. Il governo Monti ha invece chiesto alle Pubbliche Amministrazioni di indicargli dove si può risparmiare.
Il gesto è in se stesso debole, anzi ridicolo, perché Monti sa benissimo dove si annidino gli sprechi. Il fatto è che non è in grado di eliminarli. Per questa ragione assistiamo a sbuffi di fumo negli occhi: i poteri di Bondi, i tagli di spesa.

Il fatto è che la Pubblica Amministrazione, e non da oggi, si sta ritagliando uno spazio di assoluto comodo nella società italiana: sta uscendo dal mercato, cioè smette di essere un attore vivo e in rapporti di reciprocità, e resta come pura voce di costo. Di questo si parla quando si parla di spending review: di diminuire il costo.

I tagli di cui si parla, infatti, riguardano soprattutto le consulenze e le forniture. Le quali, solo ad occhi ingenui possono sembrare pure regalie agli amici degli amici. E quand'anche lo fossero, consulenze e forniture sono in ogni caso una normale necessità per ogni struttura complessa (ma anche semplice). La pubblica amministrazione ha 3 milioni e mezzo di dipendenti. Un'azienda di queste dimensioni che riduce e tende ad azzerare gli investimenti in consulenze e forniture ammazza il mercato, cioè, in buona sostanza, la società. Smette di scambiare, si fa mantenere.

La stampa demagogica e i suoi lettori strillano sui super-stipendi dei super-manager. D'accordo, per carità. Tagliamoli pure questi stipendi, ma non illudiamoci che in questo modo si eliminerebbero i guasti più tragici che quei ruoli (non tanto le persone) producono.

Infatti, è il numero delle cariche direttive e organizzative, e non lo stipendio delle persone, il vero problema (il costo totale dei Consigli degli enti pubblici è stimato essere di poco inferiore al costo delle consulenze, intorno ai 2,5 miliardi). Vi sono enti pubblici medio-piccoli governati da consigli composti da una decina di persone, mentre ve ne solo altri di dimensioni molto maggiori governati da consigli molto meno numerosi (a un ente virtuoso e vitale come la Banca d'Italia, che ha circa 5000 dipendenti e decine di filiali, basta un Direttorio di quattro persone più il Governatore). La numerosità dei consiglieri diventa fatale quando le decisioni devono essere prese in presenza di tutti. Basta che uno decada, e si passa all'ordinaria amministrazione. E poiché la nomina del successore spetta, talvolta addirittura per legge, alle cariche politiche (Ministro, Presidente del Consiglio) o istituzionali (Presidente della Camera o del Senato, o persino della Repubblica), il consiglio resta inattivo a lungo. Il che e anche peggio accade quando tali nomine sono affidate alle collutazioni tra i partiti.

Un consiglio inabilitato a decidere paralizza l'attività di tutto l'ente. Nessuna decisione tecnico-politica, nessuna decisione organizzativa, nessun progetto, nessun investimento. Niente. Il che, a cascata, blocca tutti coloro (cittadini e soprattutto imprese, ma anche altre pubbliche amministrazioni) che stanno attendendo quelle decisioni per fare quello che devono fare. Il tempo passa, nulla accade, qualcosa addirittura scade. Questo nulla costa milioni di euro. Non li paga l'amministrazione bloccata, ça va sans dire.

Abbiamo bisogno della pubblica amministrazione. Sappiamo benissimo che nella pubblica amministrazione operano persone di grandissima competenza, anche tra i funzionari di cui nessuno parla se non per dire che sono sottopagati (il che è vero). Nessuno dei difetti che imputiamo alla pubblica amministrazione può mettere in discussione queste due affermazioni. Ma la spending review non sta andando nella direzione di valorizzare le competenze e di migliorare le necessarie funzioni della pubblica amministrazione, di renderle efficaci, tali da giustificare i costi di gestione. Fino a quando non avremo una pubblica amministrazione efficace, i costi veri non sono quelli di cui si parla quando si parla dei suoi costi.