lunedì 7 maggio 2012

Abolire 'ovvero'

Negli ultimi tre anni ho sostenuto, in qualche articoletto, la necessità di abolire la congiunzione 'ovvero'. Abolirla per legge, da tutti i testi normativi e che parlano di norme.


La mia idea si sostiene sul fatto che 'ovvero' ha lo sventuratissimo destino di significare due cose opposte. Nel linguaggio normativo significa 'oppure', nel linguaggio comune significa 'cioè'. Di modo che il cittadino che legge una legge, oppure uno dei tanti testi che interpretano o spiegano una norma (per esempio una circolare dell'Agenzia delle Entrate), non è mai certo di quello che sta leggendo, soprattutto se non è molto competente in quella materia.

L'importanza della cultura della materia è fondamentale. Usciamo per un attimo dagli argomenti normativi e consideriamo un titolo come il seguente: Sul non essere, ovvero sulla natura. Dato che il contesto di questo titolo non è normativo, ci pare strano: Sul non essere, cioè sulla natura. Come può essere che la natura non sia? Verrebbe in mente che, nonstante quel titolo non sia a proposito di una norma, forse 'ovvero' significa oppure: Sul non essere, oppure sulla natura. Sarebbe più sensato. Ma non è così. Per scoprire l'arcano, bisogna sapere che questo è il titolo di un'opera di Gorgia, che sosteneva, appunto, che l'essere non è; che se anche fosse non sarebbe conoscibile; che se anche fosse conoscibile non sarebbe comunicabile. I conti tornano, alla fine, ma bisogna avere qualche competenza in materia.

La competenza nelle materie oggetto di norme è scarsa nel cittadino, anche in quei cittadini che, per lavoro o altro, hanno a che fare con le norme. Infatti, oltre a essere scritte con i piedi, le norme derivano la loro complessità dalla complessità delle materie di cui si occupano. Non è tanto la legge che è difficile, è proprio la materia della legge. Tanto è vero che molte leggi sono contestabili, che vengono contestate, che vengono riaggiustate in un processo che può durare decenni. In alcuni casi, si può tranquillamente affermare che lo stesso legislatore non conosca a sufficienza la materia di cui la sua legge si occupa.

Che cosa c'entra 'ovvero'. C'entra. Infatti, è capitato il caso in cui un giudice abbia considerato un 'ovvero' con il significato di 'cioè', condannando qualcuno che si era comportato interpretando 'ovvero' con il significato di 'oppure'. Persino il ministro sosteneva esplicitamente che quell'ovvero significava 'oppure', ma tant'è: è il giudice che interpreta la legge (la legge fu poi modificata, e 'ovvero' sparì. Ovviamente, in quel punto solo).

Quella sentenza sentenziò anche un'altra cosa (all'insaputa del giudice): che il contesto normativo non garantisce più sul significato di 'ovvero'. Da quella sentenza in poi, 'ovvero' poteva, a discrezione, significare 'oppure' o 'cioè'. A questo punto, a me è venuto in mente che 'ovvero' sia diventata addirittura anticostituzionale. Infatti, "l'ignoranza della legge penale non scusa tranne che si tratti d'ignoranza inevitabile"

Strano destino davvero, per una povera congiunzione, essere anticostituzionale. E così, io ho proposto di abolirla. E anche questo è strano e anzi, come molto simpaticamente mi fa notare Michele Cortelazzo, in controtendenza rispetto all'atteggiamento della linguistica contemporanea, che è sempre meno normativa e sempre più descrittiva. Trattandosi poi di lessico, essere normativi è da parecchio tempo un atteggiamento di retroguardia, che certo io non ho mai avuto.

Ho dunque riorganizzato tutte le mie informazioni sparse qua e là, le ho strutturate in modo più saggistico e le ho pubblicate là, insieme ai link ai miei articoletti precedenti, nonché agli interventi di appoggio di Michele Cortelazzo e di Beppe Severgnini.