domenica 30 dicembre 2012

Cattelan a Varsavia, ovvero Una metafora del Novecento


Una delle primissime cose che faccio ogni volta che arrivo a Varsavia è visitare le case diroccate e fatiscenti che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale testimoniano, con la loro esistenza, la distruzione completa della città operata dai tedeschi.
Queste case si trovano sostanzialmente in due luoghi: nel quartiere Praga, che non fu distrutto perché vi alloggiavano i russi, e nelle strade a destra e a sinistra della direttrice ulica (via) Marszalkowska.

E così, il 22 dicembre, al termine di un giro per fare gli ultimi regali, sono andato in ul. Próżna, dove non passavo almeno da due anni. La ricordavo come un'isola morta nel centro di Varsavia, a due passi dal Palazzo della Cultura, dono di Stalin, l’ottava costruzione più alta d’Europa, sicché per i polacchi è "piccolo ma di buon gusto".

Pałac Kultury i Nauki. Foto da: http://en.wikipedia.org/wiki/File:PKiN_widziany_z_WFC.jpg

Metà di ulica Próżna era (ed è) completamente disabitata, perché le case sono inagibili: balconi sfondati, muri pericolanti, finestre steccate con assi di legno. A conferire un’aura ulteriormente cimiteriale, grandi vecchie fotografie affisse sulle facciate delle case: volti di ebrei, forse addirittura gli stessi che abitarono allora quelle case (le foto seguenti sono mie).






Uno scorcio di un paese abbandonato. Nel centro della capitale.

Ma il 22 dicembre ho visto che parecchie cose erano cambiate. La più visibile, anche da lontano, è che le case sul lato destro della via sono state ristrutturate, e fanno ora uno stranissimo contrasto con le case di fronte, che sono rimaste com’erano.



Poi, diverse persone si aggiravano con macchine fotografiche, e alcune erano in coda a sbirciare da uno dei portoni delle case diroccate.

Mi avvicino anch’io e quando è il mio turno sbircio dalla fessura e vedo al termine di un androne buio e diroccato la statua di un bambino inginocchiato che dà le spalle allo spettatore e guarda verso il cancello che separa l’androne da uno stretto cortile.





Cartelli che spieghino il senso dell’installazione non ce ne sono. Da me stesso non ci cavo alcun senso, e dunque me ne vado rimuginando solo una vaga sensazione di inutilità. 

Pochi giorni dopo, il 28 dicembre, leggo sul sito di alcuni giornali italiani che quell’installazione, opera di Maurizio Cattelan, sta facendo parlare e non molto bene di sé in Polonia. Infatti, quello che mi era parso un bambino in realtà è Hitler, che è inginocchiato perché sta pregando. Non che si capisse, ma è così, come risulta chiarissimo dalla vista normale della statua, che è del 2001.

Dal sito: http://mauriziocattelan.altervista.org/

Che cosa si proponesse Cattelan con questa installazione, non so. Forse solo aggiungere un pezzo alla sua retrospettiva Amen ospitata da novembre a febbraio al Castello Ujazdowski. Ad ogni modo, a molti polacchi, in particolare ebrei, è piaciuta poco l’idea di Cattelan di collocare quella statua in quello che fu il quartiere ebraico. In Polonia, ben più che in Italia, certi argomenti sono difficili da affrontare. Il rapporto con il passato è molto più stretto, che non da noi, che tendiamo più che a dimenticare a digerire.

Questa installazione di Catellan può essere lo spunto per fare un esempio della nostra cattiva digestione della storia. In Italia, infatti, è notissima la repressione dell’insurrezione nel Ghetto di Varsavia, avvenuta nel 1943, ma è poco conosciuta l’insurrezione generale della città, avvenuta nell’agosto del 1944, repressa dopo 63 giorni di combattimenti, nei quali morirono circa 300.000 polacchi e 50.000 tedeschi. Fu in seguito a quest’ultima insurrezione che Varsavia, per rappresaglia, venne praticamente rasa al suolo. 

Dal sito: http://www.storiaenarrazione.it/Archivio.html

Dal sito http://nutopia2sergiofalcone.blogspot.com/2010/04/lmjf-la-comune-di-varsavia-del-1944.html

Dal sito http://thepurplerainbow.wordpress.com/2012/06/18/la-rivolta-di-varsavia-1944/

La casa di ulica Próżna dove si trova l’installazione di Cattelan è appunto tra le poche sopravvissute alla devastazione. L’uso di uno spazio connesso sì alla repressione del Ghetto, ma anche a un altro evento storico, mi fa pensare che Cattelan abbia voluto aggiungere alla provocazione un'altra provocazione: quella contro la violenza e la guerra in generale.

Del resto, Varsavia, e più in generale la Polonia, è, al di là delle specifiche religiose, razziali e politiche, una delle metafore universali del male che l’uomo compie sull’uomo e in Polonia, al contrario di quello che molti italiani credono, vi è una spiritualità ecumenica molto profonda, che supera, molto più facilmente che da noi, le barriere poste da statuti confessionali differenti. In due parole: conta la vita del prossimo, non il suo credo. 

Ne è un esempio bellissimo e sconvolgente la scultura di Maksymilian Biskupski (Pomnik Poległym i Pomordowanym na Wschodzie, 1995), dedicata a tutte le vittime delle deportazioni in Siberia, rappresentate dal simbolo della loro religione. La scultura si trova non lontano da ulica Próżna, in ulica Muranowska  (foto mie).









 


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