mercoledì 25 luglio 2012

Ventotene-Bruxelles e ritorno

Quando si parla del ruolo che l'Italia ha e potrebbe/dovrebbe avere nella politica europea, non sarebbe male ricordare che uno dei principali fondamenti dell'Europa attuale, se non addirittura il principale, è stato il Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941-42 da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli.


Il Manifesto è molto legato al contesto bellico e risente di un'impostazione socialisteggiante in gran parte superata dagli eventi successivi. Resta tuttavia attuale per molti aspetti, ma a me piace insistere sul contributo seminale che due italiani hanno dato alla nostra realtà di oggi. Per scriverlo e diffonderlo, hanno rischiato la pelle (e anche per altre ragioni la rischiavano). Erano dunque dotati di coraggio, determinazione e ampia visione del futuro.Qualità che ora mancano del tutto alla nostra classe politica, e in generale scarseggiano nel Paese.

Riporto qualche passo dalla Prefazione dell'edizione del 22 gennaio 1944 (il testo completo si trova ).

Tutti i problemi, da quello delle libertà costituzionali a quello della lotta di classe, da quello della pianificazione a quello della presa del potere e dell'uso di esso, ricevono una nuova luce se vengono posti partendo dalla premessa che la prima mèta da raggiungere è quella di un ordinamento unitario nel campo internazionale.
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L'ideale di una Federazione Europea, preludio di una Federazione Mondiale, mentre poteva apparire lontana utopia ancora qualche anno fa, si presenta oggi, alla fine di questa guerra, come una mèta raggiungibile e quasi a portata di mano. Nel totale rimescolamento di popoli che questo conflitto ha provocato in tutti i paesi soggetti all'occupazione tedesca, nella necessità di ricostruire su basi nuove una economia quasi totalmente distrutta, e di rimettere sul tappeto tutti i problemi riguardanti i confini politici, le barriere doganali, le minoranze etniche ecc.; nel carattere stesso di questa guerra, in cui l'elemento nazionale è stato così spesso sopravanzato dall'elemento ideologico, in cui si sono visti piccoli e medi stati rinunziare a gran parte della loro sovranità a favore degli stati più forti, e in cui da parte degli stessi fascisti il concetto di «spazio vitale» si è sostituito a quello di «indipendenza nazionale»; in tutti questi elementi sono da ravvisare dei dati che rendono attuale come non mai, in questo dopoguerra, il problema dell'ordinamento federale dell'Europa.
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Se lasceremo risolidificare la situazione nei vecchi stampi nazionalistici, l'occasione sarà persa per sempre, e nessuna pace e benessere duraturo ne potrà avere il nostro continente.
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Esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all'emigrazione tra gli stati appartenenti alla Federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera unica.

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