giovedì 26 luglio 2012

Le tecnologie dell'io (che non c'è) (3)

In questi ultimi giorni la stampa dà parecchio risalto alla polemica sui falsi follower di aziende e politici. La polemica trae origine da alcune ricerche condotte da Marco Camisani Calzolari, che conclude, a proposito di Grillo, che circa la metà dei suoi follower è falsa o probabilmente falsa.
La ricerca si trova là.

Non intendo entrare nel merito della ricerca e neppure nella polemica, bensì proseguire il ragionamento di due miei articoli precedenti (uno e due), nei quali, in sintesi, dicevo che le tecnologie consentono a chiunque di esprimersi e di mettere in circolazione le proprie idee senza dover passare per un processo editoriale, quale è quello, per esempio, a cui ogni autore deve sottostare per pubblicare un libro. Bon, avanti.

Mi pare che sia evidentissimo da tempo immemorabile che la presenza in Internet possa essere anonima o, meglio, pseudonima. Il nome visualizzato nelle mail, il nick nei social. Esempi a bizzeffe. Niente di nuovo.

Uno dei più celebri nick della storia umana è certamente quello usato da Ulisse con Polifemo: Nessuno. Coperto da questo nick, Ulisse, come tutti sanno, riuscì a evitare che i fratelli di Polifemo accorressero in suo aiuto e si mettessero a caccia del re greco.

Il nick Nessuno vale doppio rispetto a un altro nick. Posso dire che le idee di Pippo54 non valgono una pippa, ma non posso dire che le idee di Nessuno non valgono niente, semplicemente perché sono di nessuno. Tuttavia, a parte l'innegabilmente maggiore sottigliezza di Ulisse rispetto a Pippo54, e anche a Libellula82, il meccanismo del nick è tutto qui: proteggere l'anonimato che, in qualche non raro caso, protegge anche la slealtà (e qui la giustizia ha il suo bel daffare a tutelare i danneggiati).

Ma ci sarebbe anche un'altra considerazione da fare e che intendo assolutamente applicare a un ambito particolare: quello del dibattito pubblico su questioni serie che riguardano altre persone (es. discussioni politiche, culturali e così via). Il discorso che segue non riguarda assolutamente l'ambito privato o anche pubblico purché, appunto, su argomenti non in grado di ledere la posizione, l'immagine o la credibilità di altri. E veniamo alla considerazione.

Per quanto meschinella, una qualsiasi idea deve avere un proprietario. Io penso, tu pensi e io non sono d'accordo. L'idea impersonale non esiste. C'è poco da fare. Un'idea o è di qualcuno o non è. Dunque, chi esprime un'idea non può fare a meno di attribuirsela. O forse pensa che un'idea esista in se stessa, come se fosse un elemento naturale o una mela e che la si possa mangiare come diceva Giorgio Gaber? O forse pensa che un'idea valga indipendentemente da chi l'ha concepita e detta, fuori da un contesto? O forse pensa che il suo nick Pippo54 sia di per sé una firma da prima pagina?

Molti politici, scrittori, filosofi, artisti ecc. hanno utilizzato e utilizzano pseudonimi opachi, ma con un sottinteso non irrilevante: che lo pseudonimo non è opaco nel loro ambiente. Vi è dunque una specie di certificazione della credibilità di quell'idea, il cui proprietario resta ignoto al pubblico ma è noto a chi gli dà voce, per esempio su un giornale. In altri termini, la qualità e la proprietà di quell'idea sono certificate, per quanto il proprietario, per ragioni varie (per esempio per il timore di essere perseguitato), desideri di rimanere ignoto al pubblico. Questo meccanismo ha funzionato e funziona quando la pubblicazione dell'idea passa per un processo editoriale, come dicevo nei miei articoli precedenti. Lo stesso vale per gli ii qualsiasi che inviano una lettera a un giornale. Se non sono firmate, non vengono pubblicate, e quando vengono pubblicate anonime è perché l'autore ha chiesto alla redazione di restare anonimo, ma la redazione sa chi è. Qualche pasticcio al riguardo è capitato anche di recente sulle pagine web dei giornali (ormai quasi tutte dotate di una tecnologia dell'io), dove qualche lettore è riuscito a inserire un commento compilando il modulo di registrazione con generalità false e comparendo poi solo con il suo nick opaco.

Le tecnologie dell'io offrono di pubblicare le proprie idee a ii che possono essere e di fatto sono nella stragrande maggioranza persone che non hanno accesso alla pubblicazione sorvegliata da un processo editoriale. Dunque, l'impiego di un nick opaco assume una diversa rilevanza rispetto al nick opaco di uno scrittore, di un giornalista ecc.: l'idea di Muscolo91, bypassato il processo editoriale, non ha alcun altro referente che Muscolo91. Non è un po' poco, soprattutto quando, appunto, non si scherza e si coinvolgono altre persone, magari per denigrarle?

Un io qualsiasi coperto da nick opaco che pubblica motu proprio la sua idea rende qualsiasi la sua idea, talmente qualsiasi da non essere nemmeno un'idea o, forse meglio, da escludere la sua idea dal dibattito. Gli ii qualsiasi che vogliano porre la propria idea al centro del dibattito dovrebbero avere l'umiltà di rinunciare allo stratagemma dello pseudonimo, accettabile per diciamo i professionisti, e avere il coraggio di mettere sotto alla loro idea la loro firma, per esteso.

A questo punto, l'idea, per quanto bislacca ma magari geniale, merita di essere presa in considerazione, perché un io qualsiasi ha il diritto di proporre la sua idea e - a dirla tutta - le idee degli ii qualsiasi non sono necessariamente peggiori di quelle dei chiamiamoli professionisti, anzi. Il fatto è che senza proprietario, un'idea non può essere presa in considerazione, anzi, non dovrebbe essere presa in considerazione.

Le tecnologie dell'io hanno invece realizzato un sistema comunicativo nel quale le idee adespote si diffondono a volte più di quelle proprietarie. C'è un limite sottile tra la libertà di parola e l'impunità dell'anonimo, nelle tecnologie dell'io, e d'altra parte non esiste alcuno standard di certificazione di credibilità, che anzi, nelle tecnologie dell'io, è misurato quantitativamente (klout): tanti 'mi piace', tanti follower, tanti retweet. In molti casi, questo meccanismo ha generato danni ad altri.

Serve forse un Codice etico o un gentlemen's agreement in base al quale chi lo sottoscrive dichiara di non prendere in nessuna considerazione le idee adespote?

O preferiamo basarci sulla quantità e poi difenderci da un uomo mascherato, che per lo più non è Zorro ma è un pirla?

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