lunedì 26 gennaio 2015

Teatro specchio della società. Sì, ma quale?

Che il teatro sia specchio della società, che sia il luogo dove la comunità si incontra e si riconosce, dove l'artista è tanto più bravo quanto più riesce a rappresentarla, è pacifico e lo prendo per buono. Vien da chiedersi se e in quale misura il teatro italiano svolga questa funzione.
Ieri sono andato al Teatrino del Trotter a vedere lo spettacolo per bambini Il naso d'argento, fiaba italiana nella versione di Italo Calvino, messa in scena dalla brava Soledad Nicolazzi. Il Trotter si trova in via Padova, la zona più multietnica di Milano, con negozi di ogni tipo aperti anche alla domenica sera.

Ho potuto quindi trovare conferma di un fenomeno che avevo notato tutte le altre volte che ero stato a spettacoli per bambini, in questi ultimi anni: che il pubblico è composto esclusivamente da famiglie italiane. Almeno in via Padova, mi aspettavo una eccezione. Eppure niente: non un arabo, non un cinese, non un sudamericano, non un africano. Niente.

Dunque, pubblico solo italiano. Con tutte le caratteristiche della società italiana: molta brava gente, alcuni consapevoli del comportamento che si tiene a teatro (silenzio), altri no: chiacchiericcio tra adulti, rumori fastidiosi (caramelle scartate, foto dal cellulare ecc.). Di conseguenza, i bambini di quei genitori: scomposti, frignosi, affamati (e vai con il panino).

Non ho alcuna conclusione da trarre e non ho alcun suggerimento da dare a nessuno. Ma, se il teatro è specchio della società, questo teatro, evidentemente, non svolge il ruolo o, meglio, rappresenta una società divisa. Da un lato, ai teatranti non viene in mente di montare uno spettacolo che coinvolga anche quel 10% di cittadini che italiani non sono (ma i bambini?). Dall'altro, ai genitori stranieri di bambini nati qui non viene in mente di portarli a teatro.

Coloro che predicano di cultura, e di aiuti alla, hanno qualcosa da dire?

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