lunedì 17 settembre 2012

Fermare il declino

Ho aderito a Fermare il declino, fondata questa estate da Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro e Luigi Zingales.


Il nome
Mi piace il nome. Un soggetto politico o che intende divenire politico che abbia un nome così è una rarità, abituati come siamo a nomi che tirano in ballo ideologie, idee, ideali, grandi passati e belle bandiere, futuri (ma rigorosamente senza data), libertà (pardon, licenze). Cose buone, come dimostrano senza possibilità di smentita i risultati ottenuti negli ultimi venti anni, a illudere l'elettorato, specialmente quello di centro-sinistra, più debole di cuore rispetto all'elettorato di centro-destra, che è più concreto e disponibile a votare per interesse, mentre l'elettorato di centro-sinistra è malinconicamente affezionato all'idea che nella politica dei suoi partiti di riferimento vi sia ancora un'idea o un ideale.

Mi piace il nome, perché chiama le cose con il loro nome: di declino si tratta, non solo di crisi finanziaria e di recessione, che, piuttosto, rappresentano il declino in termini economici.

Mi piace il nome, perché dice che cosa si deve fare: fermarlo, il declino. Questa è la priorità assoluta.

Il programma
Il nome è dunque un programma, e il programma è fatto di dieci proposte (si leggono là). Solo qualche commento breve.

Sulla prima proposta, che è ridurre il debito al di sotto del 100% del PIL attraverso dismissioni e liberalizzazioni, mi pare assolutamente notevole che il ricavato sia retroceduto al cittadino, sotto forma di minore imposizione fiscale. Una proposta simile, nemmeno i vaniloquenti promettitori di abbassamenti fiscali l'hanno mai detta.

La nona proposta (rivitalizzare la scuola) è quella che tocca l'argomento che conosco meglio e dice una cosa sulla quale insisto, nelle chiacchierate con gli amici, da quindici anni: abolire il valore legale del titolo di studio. Questo tema, predicato con forza e inutilmente persino da Luigi Einaudi, è stato deliberatamente ignorato per decenni. Ancora oggi, chi ne parla? Eppure è la chiave di volta di tutto il sistema scolastico e dell'accesso al mondo del lavoro, in particolare pubblico. Con il valore legale del titolo di studio, la laurea rischia davvero di diventare (o di restare, ahinoi) quel famoso 'pezzo di carta'. In particolare perché:
  • proliferano gli atenei, soprattutto privati, che, con poca spesa e ancor meno fatica (mentale) dello studente, laureano chiunque;
  • non si stabilisce un vero sistema competitivo tra atenei, basato sulla qualità dell'insegnamento e dunque sulla qualità del 'prodotto': laureati capaci;
  • non si fornisce agli atenei uno strumento di finanziamento efficace; la competizione è accaparrarsi i sempre più esegui finanziamenti pubblici, distribuiti a pioggia e insufficienti;
  • non si favorisce il merito dei ricercatori e dei professori.
Le persone
Mi sono riconsciuto molto in ciò che ha detto Oscar Giannino al termine del primo incontro tra gli aderenti milanesi e lombardi, avvenuto a Milano il 12 settembre scorso: "Basta limitarsi a criticare, bisogna metterci la faccia".

Che era la stessa cosa che altri, prima di lui, avevano detto, e che anch'io, nel mio piccolissimo piccolo, ho maturato negli ultimi mesi: basta far parte per me stesso.

Criticare la qualità della politica è facile. Talmente facile, che non serve altro che guardare il risultato.

Il rinnovamento possibilmente totale della classe politica italiana è necessario. Cito Giannino: "Restare nel recinto delle vecchie forze politiche per noi è segno di non comprendere che il problema è proprio quello di superarle, alla luce del pessimo bilancio del ventennio che abbiamo alle spalle" (testo integrale là),

Le persone presenti all'incontro del 12 settembre hanno messo sul tavolo il valore del curriculum culturale e professionale, indipendentemente dall'esperienza politica. Mi riconosco anche in questo e credo anzi che assuma un valore direi addirittura patriottico la disponibilità a occuparsi della cosa pubblica da parte di coloro che, magari anzi certamente sbagliando, hanno pensato a lungo che essa potesse essere affidata a coloro ai quali l'abbiamo affidata.

Una speranza
La politica italiana dalle origini della Repubblica si è fondata su contrapposizioni per modo di dire ideologiche (marxisti-cattolici; progressisti-conservatori ecc.). Ma la politica intesa ideologicamente ha generato, alla lunga, solo fazioni e mistificazioni, allontanando la soluzione dei problemi e favorendo solo la distribuzione di clientele.

Per fermare il declino è necessario rimuovere dentro di noi l'idea (sbagliata) che il problema è dall'altra parte e cominciare a vedere le cose con i nostri occhi, rinunciando alle risposte prestabilite dal nostro partito di riferimento, dal nostro guru, dai suoi gerarchi.

Per fermare il declino, serve la responsabilità personale. Io ci sono e se c'è qualcosa che posso fare la farò.


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