martedì 28 ottobre 2014

Ma noi non possiamo abbandonare l'intrico. O sì?

A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e-neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza.

Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.

Dalla costa d'un monte, accampati con le masserizie, i profughi di Ersilia guardano l'intrico di fili tesi e pali che s'innalza nella pianura. E' quello ancora la città di Ersilia, e loro sono niente.

Riedificano Ersilia altrove. Tessono con fili una figura simile che vorrebbero più complicata e insieme più regolare dell'altra. Poi l'abbandonano e trasportano ancora più lontano sé e le case.

Così viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate, senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare: ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma. (Italo Calvino, Le città invisibili)

Nessun commento:

Posta un commento