lunedì 12 maggio 2014

Le tecnologie dell’io (6): conversazione con Cristiano Mario Sabbatini


In questo articolo, riporto una conversazione che ho avuto con Cristiano Mario Sabbatini, che ha storicizzato la sua pionieristica attività di net performer nei primi anni Novanta nel libro The Bodies Artist.
Giovanni 
Nei vari articoli che ho dedicato all'argomento, dicevo che le tecnologie dell’io consentono ad autori esclusi dal sistema tradizionale della cultura di pubblicare il loro pensiero, le loro opere. In alcuni casi, gli scarti del sistema culturale sono di buon valore, in altri casi no. Ho definito ‘poltiglia’ qualcosa che il sistema culturale non prenderebbe mai in considerazione. Tuttavia, nelle tecnologie dell’io, la poltiglia esiste e, potenzialmente e paradossalmente, potrebbe ricevere un consenso molto forte in termini di numeri. La poltiglia, fenomeno democratico, ha o potrebbe avere un valore economico e potrebbe competere con il sistema tradizionale della cultura, fino a far perdere alla cultura il suo tradizionale predominio sulla società. Che cosa ne pensi?

Cristiano Mario 
La ‘poltiglia’ coesiste, non prevale mai. L’impressione che possa prevalere è solo di chi ha ancora una scarsa conoscenza delle dinamiche del mezzo. La Rete è, se vogliamo fare una figurazione di tipo classica, il luogo perfetto dove si sviluppano quelle forme di provincialismo tipiche dei grandi imperi di una volta: Pergamo pensa di essere al top della qualità di pensiero, ma nell’Africa romana succede qualcosa che sta cambiando tutto l’ambiente culturale. La differenza è che questa dinamica, invece che essere, land-based è web-based.
La domanda che tu poni, poi, è molto interessante: questo ‘magma poltiglioso’ nel quale sguazza la qualità di pensiero, coagulandosi o disperdendosi in esso in un battibaleno, ha qualcosa di suo, di veramente importante, da essere rimarcato ai fini di quel terremoto orizzontale che vede la Rete essere al centro di ogni fenomeno di innovazione tecmologico e culturale degli ultimi anni?

Giovanni  
Tu dici: “La poltiglia coesiste, non prevale mai”. Sembri negare dunque il mio dubbio. Ma voglio insistere. Io ipotizzo infatti che la poltiglia possa imporre un nuovo modello culturale. La forza della poltiglia sta nei numeri, e il modello culturale che potrebbe imporre sarebbe basato su canoni estranei ai canoni che hanno determinato l’evoluzione culturale nei secoli. La poltiglia, infatti, è prodotta da coloro che, per la prima volta nella storia, hanno accesso alla pubblicazione. Entrano dunque nel dibattito con quel che sanno (poco). Questo contributo non susciterà mai l’interesse di coloro che si occupano di quell’argomento, ma potrebbe suscitare addirittura l’ammirazione di coloro che non hanno gli strumenti culturali per valutare quel pensiero per quel che è (poltiglia).

Per esempio, nelle discussioni politiche in Facebook (che ho analizzato in diversi articoli), molti discussant mostrano di avere poco da dire, ma hanno l’effetto di trovare molto seguito. Ciò potrebbe portare poi, per esempio, a far perdere o guadagnare voti a questo o a quel partito. Se questo meccanismo in politica ci sta pure, trasportato altrove potrebbe generare disastri. 

Cristiano Mario 
La poltiglia coesiste come una forma di provincialismo digitale, negli snodi di rete che hanno, spesso, l’impressione di rappresentare più di quello che, ad un semplice setaccio e raffronto con la migliore netiquette, risultano essere.
Quindi, non prevale veramente e non si afferma come qualità di pensiero di un certo spessore perchè non passa lo stress test della migliore netiquette, ma tanto a volte gli basta per plasmare comunità digitali, influenzare all’esterno la politica attiva, far maturare l’impressione che prevalga, negli osservatori che non conoscono il codex, la chiave per valutarne la reale consistenza.
In effetti, quella che è anche soltanto l’impressione che la poltiglia possa prevalere, nella forma mentis di chi non è in grado di riconoscerla ancora come tale, viene vissuta come una vera e propria realtà di fatto, del tipo: “Se tutti mi danno ragione, un motivo ci sarà.”
Per questo ho parlato di ‘provincialismo digitale’, ma forse come dici tu, ho liquidato anche io, come un accademico al contrario, questo habitat comunicativo, dove convivono ‘poltiglie culturali’ e qualità di pensiero assolute, troppo in fretta.
Se la qualità di pensiero che tende a prevalere in Rete, manifestandosi in punti e snodi di essa per i quali, oramai, parlare di periferie e centro non ha alcun più senso, può essere definita la trama che, passo dopo passo, scrive una nuova storia di sentire, scrivere e relazionare le cose della realtà, la ‘poltiglia culturale’ entro la quale ciò emerge è il suo ordito, la base grezza dalla quale la trama infine si delineerà in forme e pratiche culturali e comunicative del tutto nuove.
C’è una trama ed un ordito che si vanno profilando work in progress nella Rete e tu domandi che valore ha in corso d’opera e nei suoi momenti parziali di solidificazione comunicativa questa narrativa alternativa allo status quo culturale.
Bene, mi appassiona. Sono stato e sono da oltre 20 anni poltiglia culturale allo stato brado. Scrivo perchè non mi piace e posso contribuire allo scopo di questa chiacchierata, descrivendo come io mi relaziono al ‘magma poltiglioso’ con il quale abbiamo a che  fare ogni volta che ci connettiamo alla Rete.
 Siamo tutti magma sulla Rete, ‘poltiglia’ come dici tu, ma da questo ‘grande mare contaminato’, come per incanto, nascono a ritmo sempre più sostenuto le uniche vere novità degne di rilievo dal punto di vista dell’innovazione culturale e tecnologica nella società globale.
200.000 mila computer collegati fra loro così come scoprono il 39° numero primo di Marcenne, pongono le basi per il minimg delle nuove cripto-monete peer to peer, come il Bitcoin, una rivoluzione di tecnologia prima ancora che una moneta digitale.
 
Giovanni  
Ci sono due argomenti che voglio approfondire: il codex e Bitcoin. La poltiglia ha il suo codex, quale che sia: persino l’assenza di codex è a suo modo un codex. E dunque, dato il codex, la poltiglia può crescere. Ma gli osservatori non possono conoscere il codex senza essere calati nei contesti di cui stiamo parlando. E, quando dico ‘calati’, significa che partecipano, che accettano il confronto alla pari con chiunque. Ed è proprio quello che non succede, o succede di raro. Ne abbiamo viste di discussioni tra esperti di una qualche materia e gente che esperta non era. Quante volte finisce che l’esperto manifesta insofferenza, insulta e se ne va? E dall’altra parte, quante volte finisce che l’inesperto faccia la stessa cosa? Ma l’incapacità di comunicare è tutta a vantaggio della poltiglia, mai a vantaggio della cultura tradizionale, proprio per la ragione che dicevo prima: che la poltiglia è sostenuta dai numeri, e la cultura tradizionale no. Dunque, se la cultura intende garantire a se stessa un futuro, deve entrare nell’arena, capire le regole e capire come stabilire una relazione positiva con la poltiglia.
Bitcoin, invece, è l'esempio oggi più clamoroso di quello che può produrre la rete e che la cultura tradizionale non è in grado nemmeno di comprendere, se si limita ad applicare i canoni tradizionali con i quali tradizionalmente interpreta i fatti all'interno chiuso delle singole discipline.
Il web, con il suo magma, può essere compreso e analizzato solo dall’interno. Lo sguardo critico di un osservatore esterno, che si limita ad applicare le sue categorie all’analisi di un nuovo fenomeno, è uno sguardo inutile, autoreferenziato, che può produrre uno dei tanti articoli pieni di verbosi e saccenti ammonimenti che si leggono sui giornali principali (per esempio, Scalfari).
Il grido d’allarme che ho rivolto al Sistema Culturale nei miei articoli si concludeva proprio così: entrare, senza pregiudizi e senza snobismo, nel Web, sporcarsi le mani, discutere, capire, aggiornarsi. Il Web ci costringe a stare a bordo di un treno impazzito e tentare di imparare a guidarlo.
 
Cristiano Mario  
Torno per un attimo sul codex. La poltiglia anche quando non ha fatto suo il codex, tende ad acquisirlo grazie alla qualità di pensiero mimetizzata in essa, oppure che prima o poi arriverà in quella ‘provincia dell’impero’ a portarlo ed infatti hai perfettamente ragione quando dici che la poltiglia ‘può crescere’ … al sistema della cultura tradizionale non rimane che imparare il codex oppure qualsiasi altro tentativo di intercettare la poltiglia oppure di manipolarla con i sistemi della comunicazione sui media tradizionali è destinato a fare la fine dell’account twitter di Mentana (scherzo, era per dire che sarà un fallimento annunciato).

Giovanni  
La poltigilia rappresenta un pericolo mortale per il sistema culturale tradizionale. E qui vorrei spezzare una lancia a favore di questo sistema. Non tanto per come è oggi, ma per quello che rappresenta nella storia dell’umanità (non è dunque un tema solo italiano). Ci sono delle costanti che hanno caratterizzato l’evoluzione culturale, scientifica, artistica. Queste costanti sono a mio parere individuabili nella tensione tra accertato e sperimentazione, tra codificato e ricerca, tra rassicurante e provocatorio (e si potrebbero aggiungere altri dualismi). In questa tensione, non si può certo dire che la tensione diciamo innovativa si sia poi sempre rivelata vincente. La tensione era importante.
Ma questa tensione si regge su un presupposto: che il polo diciamo conservativo e il polo diciamo innovativo hanno riferimenti comuni. Galileo e la Chiesa che lo costrinse ad abiurare si riferivano alla stessa concezione: l’uno per superarla e l’altra per preservarla. L’esempio è valido anche per illustrare un’altra importantissima variabile: che l’evoluzione culturale, scientifica e artistica non guardano necessariamente al momento storico in cui si esprimono, ma guardano al futuro, cioè hanno un’idea forza che permette di superare i limiti che il contesto attuale può porre. Leopardi, Van Gogh e infiniti altri, se avessero dovuto compiere le loro scelte sul riscontro che ebbero, avrebbero smesso di produrre. Se hanno insistito è perché erano convinti di quello che facevano (e forse anche erano consapevoli che non potevano fare altro).
Se osserviamo la poltiglia, non possiamo certo dire che sia il prodotto di una consapevolezza dei riferimenti di partenza. Il riferimento di partenza, guardando alla storia dell’umanità, è soltanto uno: che la poltiglia è la voce di chi non l’ha mai avuta. Ciò, in se stesso, non ha valore, se non dal punto di vista sociologico. Eppure, con le tecnologie dell’io, la poltiglia può raccogliere il consenso di milioni di persone che non sono consapevoli di esprimere poltiglia, ma pure, sostenute dalla forza dei numeri, sono potenzialmente in grado di imporre nuovi canoni diciamo cultuarali.
Questo è il gran pericolo che vedo e che, temo, la cultura tradizionale non vede, per miopia, per snobismo e, a dirla tutta, anche perché non è attualmente minacciata dalla poltiglia. Attualmente, il sistema culturale può difendersi con un bell’articolo su un grande giornale, ma in realtà si tratta di un esorcismo, degli ultimi bagliori che vecchi arnesi ancora dominanti possono lanciare ai sempre meno lettori che sono disposti a perdere tempo a leggere le loro lagne.
Tuttavia, siccome io sto dalla parte della cultura, e nello stesso tempo sono compromesso con le tecnologie dell’io, io avverto il pericolo mortale che la cultura sta correndo. E non sono tanto rassicurato dalla protezione che il codice, un qualsiasi codice, possa offrire.
 
Cristiano Mario  
Fai bene a non esserlo, perchè una possibilità (fare proprio il codex) non è ancora un’attualità e allora il codex rimane non solo inesplicabile per il sistema culturale  tradizionale, o quel che ne rimane, ma resta veleno puro che lo travolge e lo costringe a rinchiudersi negli ultimi paradisi protetti del pensiero mainstream. Fino a che resistono.
Ma dagli anni in cui sostenevo che la migliore opera d’arte prodotta nell’ultima decade di fine millennio era il sistema operativo Linux di Linus Torwalds, ad oggi, in cui sostengo che la migliore innovazione, sotto tutti i punti di vista, della prima decade del nuovo sono le cryptovalute come Bitcoin, mi dici una sola novità, in ambito politico-economico-sociale-culturale, che non sia sorta dalla Rete, almeno come imput?
 
Giovanni  
Concordo: le tecnologie dell’io si rivelano, e non certo da ora, produttive di contenuti incommensurabili con i contenuti con i quali la cultura tradizionale è abituata a confrontarsi e con i quali crede di poter esercitare il suo solito aggio. L’esempio di Bitcoin, di cui dovremo parlare più a fondo un'altra volta, è solo il più recente e quello che ha messo in crisi persino il sistema finanziario, totem della cultura tradizionale incarnatasi nel sistema politico. È del tutto chiaro che un analista finanziario, un ottimo economista, messo di fronte a Bitcoin non potrà che ripetere pappagallescamente il suo bagaglio scolastico-disciplinare, e persino con buone ragioni, ma non sarà minimanente in grado di interagire costruttivamente con questa nuova realtà se non ci si metterà in relazione diretta sul terreno da essa stabilito: le tecnologie nelle quali Bitcoin è nato e si è sviluppato: le tecnologie dell’io. Questa nuova realtà andrà avanti anche se i rappresentanti della cultura finanziaria tradizionale eviteranno di mettersi in gioco. Ma chi non si mette in gioco, mette in gioco una posta mortale: se il gioco prosegue, chi non gioca perde ed esce dall’arena. Mettersi in gioco, per un economista così come per chiunque si sia formato secondo i canoni della cultura tradizionale, significa ripartire da capo, cioè accettare un mondo, che è virtuale solo nel suo apparire, che riparte da lì, ma in discontinuità, perché quel mondo ha introdotto una variabile finora impensabile, che sta invece diventando una costante. Le tecnologie dell’io non guardano in faccia a nessuno, tranne che a coloro che stanno al gioco.

E poi, una riflessione che riguarda specificamente l’Italia: dalle nostre parti, le tecnologie dell’io continuano a essere considerate un fenomeno sociale da sfruttare in termini commerciali. Il recente restyling del sito del Corriere della Sera ne è una prova. Si è fatto più sexy, ma fintamente social. Il tentativo è quello di attirare lettori che si accontentano di poco. Il risultato è un livellamento verso il basso della funzione informativa, che il Corriere svolge da 150 anni. E’ una sconfitta mascherata da modernità. E’ un bluff, che rivela l’incapacità del sistema della cultura di accettare profondamente il rapporto con le tecnologie dell’io. Spero che provenga da culture straniere l’input corretto. Per quanto mi riguarda, considero il sistema culturale italiano affetto da un morbo mortale. Ci vorranno almeno 15 anni prima che i danni che il sistema culturale italiano ha prodotto potranno essere recuperati.

Cristiano Mario  
Forse sei anche ottimista Giovanni, o forse gli occorrerà qualche lustro solo per rendersi conto di essere ormai stato completamente soppiantato e sostituito da un nuovo sistema culturale che non rilascia più valori legali al titolo di studio, che non è sindacalizzato, che non è un ammortizzatore sociale finalizzato alla pratica del voto di scambio, dove al consunto e logoro diritto allo studio che non significa nulla è stato, in tutto e per tutto, sostituito il  nuovo paradigma delle libertà culturali che si misurano solo con la qualità di pensiero ed il merito applicato ovunque si pongano ed emergano all’attenzione di tutti. In Rete non servono santi in paradiso se sei bravo veramente a fare qualcosa.  In fondo era questa la sostanza del codex del quale abbiamo parlato durante la nostra chiaccherata.

Giovanni  
Butti sul tappeto nuovi argomenti. Non vorrei entrare nel merito, perché usciremmo non solo dai limiti già molto lunghi di questa chiacchierata, ma soprattutto dal tema che abbiamo affrontato. Infatti, gli argomenti a cui accenni sono esempi dei lacci che hanno portato il sistema culturale tradizionale a stringere un rapporto morboso con la struttura profonda della società italiana, una struttura del tutto inadatta a relazionarsi con le tecnologie dell’io. È dunque una difficoltà ulteriore che il sistema della cultura dovrà superare se non vorrà che la cultura si faccia sopraffare da chi non ne ha o la contesta o ne ha una nuova, che costituisce uno sviluppo culturale. Ma lo sviluppo culturale ha bisogno di riferimenti culturali anche al di fuori del dominio specifico di ogni singola disciplina.
Per concludere, mi pare che siamo d’accordo sui punti fondamentali, che riassumo:
  • le tecnologie dell’io danno voce a chi non l’ha mai avuta. Questa voce è potenzialmente eversiva del sistema culturale, cioè mina il predominio che la cultura esercita sulla società, anche se un tacito codice di comportamento sembra impedire alla poltiglia di tracimare; 
  • oltre a elaborare una critica alla cultura tradizionale, le tecnologie dell’io elaborano anche nuove culture; 
  •  il sistema della cultura tradizionale, almeno in Italia, è molto lontano dall’aver percepito il pericolo e l’opportunità. Indipendentemente da quello che le tecnologie dell’io produrranno, questa inconsapevolezza del sistema culturale è un pericolo mortale per la cultura.
Ti ringrazio.
 
Cristiano Mario 
E io ringrazio te. 

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* Il dibattito politico in Facebook: Belisario, Bersani, Cota, Fini, Finocchiaro, Formigoni, Finocchiaro,Gasparri, Vendola

6 commenti:

  1. Cari Giovanni e Cristiano, ho letto questo vostro interessante confronto sulle "tecnologie dell'io". Nella consapevolezza che posso sbagliarmi alla grande, mi pare che il ragionamento si basi su due assiomi: a) la "poltiglia" esiste, e con la sua esistenza immediatamente fa esistere la "non-poltiglia" che, pur non battezzata, appartemente ha "maggior valore" b) esiste "il" sistema.
    ---ooo--- Se posso inserirmi, considero i due assiomi entrambi inconsistenti. Proviamo ad immaginare che esista solo la poltiglia; ma in movimento. Proprio come la state descrivendo. Si muove e genera delle gibbosità e degli avvallamenti. Col vostro metodo si tratterebbe di "tagliare" la poltiglia per cui sopra va bene e sotto non va bene. Perchè si dovrebbe adottare questo metodo di segmentazione? Si potrebbero adottare migliaia di metodi diversi per "tagliare" il "bene dal male". Se poi dovessimo accettare l'idea che i "tagli" possano essere individualmente concepiti allora ne risulterebbe una poltiglia di tagli alla poltiglia. Quest'ultima considerazione porta diritta al concetto di sistema. Per semplificare: se il "sistema" esiste allora il "taglio" è suo e gli altri sono opinioni secondarie. Se invece non esiste si riconfermano milioni e miliardi di tagli individuali che appunto costituiscono la poltiglia dei tagli alla poltiglia. Tali che così si rendono del tutto inutili. (un pò come l'indice perfetto della biblioteca che non può che essere la biglioteca stessa; che è vero, ma inutile). Temo di essere stato assai confuso, ma la tesi mi pare comunque espressa: la poltiglia esiste e basta; a) ciascun individuo la manipola come può secondo le sue aspettative e i suoi movimenti, anche inconsapevoli b) come si muove, altri reagiscono muovendosi a loro volta e rompono il sistema che vive solo per pochi nano-secondi c) la velocità con cui si muove la poltiglia dipende dalla velocità con cui gli individui comunicano fra di loro d) il risultato della poltiglia, può essere intuito nelle aspettative, ma non può essere perfettamente previsto. Il risultato sarà un pò vicino è un pò lontano dalle previsioni del "progetto di sistema". Il problema quindi non è quale pezzo di poltiglia è buono e quale sbagliato, ma piuttosto è importante la direzione in cui intuiamo possiamo meglio realizzare le nostre individuali aspettative. Sperando che altri la pensino come noi influenzando una più ampia parte di poltiglia. Per creare un sistema? Non so dare una risposta a questa domanda, ma mi pare che nessun sistema possa sopravvivere più di qualche nano-secondo. Stefano Cianchi

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  2. Ciao Stefano, io sono abbastanza d'accordo con te, per questo ho parlato di trama ed ordito nella chiacchierata con Giovanni, la trama la scrivono gli interessati e non c'è nessun tipo di pianificazione o taglio che possa prevederla o limitarla, proprio per i motivi che dici tu. Il codex (o sarebbe meglio dire la netiquette) non è nient'altro che la semidemtnazione di un common law al quale hanno contribuito tutti e che work in progress favorisce una crescita, ma non la definisce mai a priori.

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  3. Caro Stefano, grazie del commento. Forse è meglio chiarire che con il termine 'poltiglia' ho definito (negli articoli precedenti) dei contenuti che sarebbero rifiutati certamente dal sistema culturale (libri, dischi, giornali, università ecc.), in quanto al di sotto dei minimi degli standard. La poltiglia si distingue dagli 'scarti', che sono dei contenuti di buon valore, anche se respinti dal sistema culturale. In altri termini, la poltiglia potrebbe equivalere alle chiacchiere da bar, gli scarti alle poesie pubblicate postume. Ci sono poi i contenuti nativi web, come Bitcoin. Queste distinzioni non sono rigide, e soprattutto non è rigido il criterio per individuarle. Ma il punto non è, come mi sembra che dici, che noi si voglia 'tagliare' la poltiglia. Tutt'altro. Il fatto che ci interessa è che la cultura tradizionale, che al momento liquida la poltiglia come fenomeno sociologico, deve occuparsene seriamente, perché la poltiglia è potenzialmente molto numerosa e dunque potenzialmente in grado di porre nuovi canoni culturali che sovvertirebbero quelli con i quali abbiamo costruito nei secoli la nostra cultura. Occuparse seriamente implica entrare nell'arena delle tecnologie dell'io, comprendere il codex, accettare le conversazioni. Se non fa questo, come non sta facendo, la cultura tradizionale è a rischio serio di sopravvivenza, anche perché non comprenderà in tempo i contenuti nativi web, che stanno contribuendo non poco allo sviluppo di una nuova cultura. La quale, senza l'apporto della cultura tradizionale, rischia a sua volta di essere autoreferenziale. Insomma, ci sono mondi che non si parlano. Il senso ultimo dei miei articoli è tentare di creare un ponte tra questi mondi


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  4. Caro Giovanni e caro El-Khidr, avevo intuito l'intento. Nel tentativo di evitare fin troppo facili fraintendimenti, ho proposto di evitare alcuni aspetti scivolosi ("poltiglia del bene e del male" e "sistema"), Putroppo entrando in un mondo di incertezze in cui si fa un passo in avanti insieme ad altri e poi si vede l'effetto che fa correggendo il tiro. Un metodo assai ansiogeno (terrore del nuovo), ma anche più pratico del "progetto perfetto" stando fermi. Inoltre ritengo che le persone si parlino fra loro con molti mezzi e che alla fine sviluppino sempre una linea di progresso. Anche se è triste ammetterlo, talvolta sono progressi verso il collasso, come la storia dimostra in infiniti giganteschi collassi di società potentissime. Questo mi sembra il problema pià grande: come facciamo ad evitare i collassi, sempre che sia possibile?

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    1. Una domandona, la tua. Non credo di poter rispondere. Cerco solo di fare del mio meglio a capire come vanno le cose. Vedo nelle tecnologie dell'io un paradigma culturale nuovo. Affinché ne benefici la cultura, c'è bisogno che il sistema culturale prenda in carico la questione senza pregiudizi. Non lo sta facendo. Questo è un pericolo. Di questo passo, il sistema culturale tradizionale diventerà il peggior nemico della cultura. Di più, non sono in grado di dire, al momento

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  5. Caro Stefano (sono Cristiano Mario Sabbatini) ti sto rispondendo con il account google+), su quest'ultima domanda posso esserti poco di aiuto, io li provoco i collassi del sistema culturale tradizionale, anche a costo di averne uno io. In 25 anni di critica all'establishment ed ai suoi paradigmi mentali non mi sono mai preoccupato di 'progressi' o di 'evitare giganteschi collassi' al comune sentire delle cose, l'unica mia preoccupazione è stata sempre e solo quella di sperimentarne di nuovi, senza badare a conseguenze. Sono l'ultima persona che può stabilire 'ponti' tra il vecchio ed il nuovo, io al massimo posso essere utile a spiegare, alle persone come Giovanni, come ho fatto a distruggerne qualcuno di ponte o almeno a minarlo alle fondamenta. :)

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