giovedì 4 aprile 2013

Tesi per rinnovare il patto civile


INTRODUZIONE  

È nostra convinzione che l’Italia debba affrontare una questione di importanza vitale: alimentare la coesione del paese ponendo dei limiti allo scontro tra le parti, siano esse di natura ideologica, geografica, sociale o culturale. 

Non riteniamo possibile, infatti, individuare soluzioni vere ed efficaci in alcun campo, e certamente non nell’economia, se il clima esistente mette una parte del paese contro l’altra, molti cittadini contro la classe politica, al punto da preferire la paralisi o il declino piuttosto che accettare pienamente l’esito di un voto sfavorevole. È evidente che se non vi è un rispetto profondo, e non puramente nominale, delle regole del gioco democratico, nessuna proposta potrà mai avere la forza per essere veramente sperimentata. Lo stesso clima impedisce anche la collaborazione minima necessaria per riforme di carattere generale o per affrontare qualunque problema, a maggior ragione in assenza di un vero vincitore elettorale.

Ci pare che al paese non manchi certo la competenza per individuare ricette economiche e istituzionali in grado di invertire la rotta verso il declino. Crediamo piuttosto che manchino la coesione e il senso di responsabilità indispensabili per realizzare qualsivoglia ricetta. Prima o assieme alla discussione sulle misure da prendere in qualunque campo (istituzionale, economico, sociale, ecc.) si deve affrontare un dibattito sulle condizioni civili che ne costituiscono il prerequisito. 

L’Italia è un paese con una forte identità, ma anche con una tradizione di divisioni molto antica. L’ultimo secolo di storia non ha permesso al paese di fare il passo decisivo verso una coesione civile paragonabile a quella delle principali democrazie europee. Il fascismo prima e 50 anni di democrazia bloccata poi, assieme a una sovranità sotto tutela dopo una guerra persa, hanno determinato effetti di cui forse non siamo pienamente consapevoli: le divisioni esistenti sono state occultate e costrette fuori dagli argini in cui si devono esprimere in una democrazia compiuta. La caduta del muro di Berlino ha permesso che queste divisioni emergessero e trovassero spazio nella discussione democratica; tuttavia il paese non si è dimostrato in grado di conciliare la lotta politica con la crescita generale. Troppi, da una parte e dall’altra, hanno ritenuto di avere il diritto di ambire alla distruzione della parte (o delle parti) diversa dalla propria (e da una parte e dall’altra non sono mancati gli argomenti per sostenere la pretesa di avere questo diritto).

Per questa ragione riteniamo che sia necessario mettere al centro del dibattito politico e civile i valori della convivenza democratica e di consequenza il fine supremo dell’interesse generale. Questo fine non si può identificare con il punto di vista di una parte. Solo maturando una maggiore coesione potremo, indipendentemente dalla parte che si impone in una elezione specifica, creare le condizioni indispensabili per seguire un qualunque progetto coerente, sia o non sia esso quello per cui abbiamo votato. L’importante è che il paese maturi la coscienza di alcuni valori fondamentali perché la comunità non precipiti nella disgregazione e nell’impoverimento:
  • non c’è democrazia dove non ci sono almeno due parti, e dove queste parti non sono capaci di parlarsi con disponibilità mentre si fanno concorrenza nel proporre soluzioni diverse. Uno dei principi che rendono efficiente un modello democratico è proprio la logica per cui ciascuna parte deve migliorarsi a partire dal successo dell’avversario; pertanto, chi nega l’avversario nega la disponibilità a migliorarsi;
  • non c’è democrazia dove la vittoria della propria parte viene messa al di sopra della comunità o è considerata una condizione per la salvezza o addirittura per la propria partecipazione alla comunità.
Queste affermazioni possono apparire ovvie, così come ovvie possono apparirne altre contenute nelle tesi che seguono. Chiediamo allora che questa ovvietà sia messa alla prova in una discussione che utilizzi argomenti per convincere chi la pensa diversamente, offrendo la disponibilità a lasciarsi convincere dagli argomenti altrui. Chiediamo che ciò sia fatto argomentando nel merito dei problemi e non ricorrendo a strategie ad personam o ad partem; mettendo cioè a fuoco ciò di cui il paese (e i milioni di persone di cui esso si compone) ha bisogno e non la tattica utile a una vittoria meno che effimera e senz’altro dannosa per la coesione generale; senza coesione, dobbiamo ricordarcelo sempre, non vi è comunità e, di conseguenza, nessuna parte ha più senso.   

Le tesi che seguono vogliono perciò essere una base di discussione per una piattaforma di valori in cui si riconosca una percentuale degli italiani la più ampia possibile, senza distinzioni di parte o di cultura politica, purché aderente a un modello civile democratico.

Queste tesi intendono costituire un punto di partenza per il dibattito. La nostra speranza è che esse siano comprese a fondo,  discusse, riviste, precisate e approfondite. Tuttavia la coesione non è qualcosa che si raggiunge con un provvedimento o con una firma; è un depositato storico che deve essere alimentato con continuità e in molti modi. La nostra iniziativa è appena una delle possibili iniziative per stimolare un dibattito sulla coesione nel nostro paese.


TESI 

Tesi delle tesi: Vogliamo un paese (e un mondo) che garantisca la miglior convivenza possibile di tutti, con la gestione delle risorse il più razionale possibile, senza derogare all’obiettivo della sostenibilità ambientale. 

1.         Tesi sul modello civile  

 1.1.    La comunità si fonda sul rispetto tra le persone in un modello civile democratico. La base del principio di ogni democrazia è l’esistenza di almeno due parti che si riconoscono reciprocamente. L’opportunità di gestire gli spazi decisionali della comunità è raggiunta attraverso un sistema di regole condiviso tra le parti. L’obiettivo di scegliere o distruggere l’avversario è incompatibile con la democrazia.

1.2.    La coesione della comunità migliora quanto più sono sviluppate la responsabilità individuale di tutti i cittadini, la loro cultura, il loro senso di appartenenza alla comunità generale (non a una delle sue tante parti), le loro opportunità di accesso diretto ai meccanismi attraverso i quali si prendono le decisioni che interessano la vita comune, e quanto più viene premiato chi mette le sue capacità al servizio del bene comune, cioè opera per migliorare le condizioni della comunità generale e la gestione delle risorse. Ciò permette anche una visione e una manifestazione delle diversità che arricchiscano la comunità e non la disgreghino.

1.3.    Il cittadino delegante deve poter avere accesso nella massima trasparenza alle informazioni che riguardano gli aspetti professionali e pubblici del delegato, che, a sua volta, deve essere rispettato negli aspetti che riguardano la sua vita privata.

1.4.    I patti sociali, i diritti, i criteri di valutazione devono essere adeguati e adeguabili ai progetti per il bene comune. I modelli di sviluppo devono essere sostenibili.

1.5.    La comunità si preoccupa di creare i presupposti per il miglior futuro per le generazioni successive. A questo fine è indispensabile l’impegno istituzionale a tutelare l’ambiente, a fornire opportunità educative e lavorative a tutti, e aiuto a chi è in difficoltà per motivi di salute o economici.

 

2.         Tesi sulle riforme istituzionali 

2.1.    Le istituzioni garantiscono un potere decisionale effettivo, sulla base delle rispettive competenze, a chi le conquista democraticamente. Le istituzioni non possono essere usate per eliminare chi è risultato sconfitto nel gioco democratico. 

2.2.    La giustizia deve gestire con efficienza, nei modi e nei tempi, i mezzi che le vengono attribuiti, avendo come obiettivo l'interesse comune e quello di ciascun individuo, garantendo la presunzione di innocenza. La giustizia deve essere accountable. Nel suo rapporto con la politica, alla giustizia spetta il compito di controllare i comportamenti individuali senza invadere, direttamente o indirettamente, le prerogative che agli eletti derivano dal mandato dei cittadini.

2.3.    Lo Stato deve ambire a un monopolio limitato ma forte ed efficiente: ordine pubblico (giustizia, difesa), politica estera, fisco. Lo Stato gestisce questi settori, nel rispetto del bene comune e dei diritti dei cittadini. Nella sanità, nell’istruzione e nell’energia, settori in cui lo Stato deve fare da garante, ma che nello stesso tempo sono aperti all’iniziativa privata, lo Stato deve distinguere nettamente la funzione di controllo da quella di finanziatore e da quella di competitore. Lo Stato finanziatore e competitore deve a) dichiarare gli ambiti propri del suo intervento e i limiti di tale intervento; b) stabilire delle regole valide per tutti i partecipanti, senza eccezioni. L’intervento dello Stato come finanziatore e come competitore deve essere ispirato da evidenti e valide ragioni, per tutelare meglio necessità sociali, ambientali, energetiche, economiche e culturali. Lo stato controlla che l’ambiente sia salvaguardato, e agisce, anche a livello internazionale, per ottenere questo obiettivo. In tutti i settori lo stato deve regolare e garantire la libertà di iniziativa, garantendo che i diritti fondamentali (in particolare quelli dovuti al suo monopolio) siano tutelati. 

2.4.    Gli enti pubblici e le amministrazioni sono al servizio dei cittadini e delle imprese, che a loro volta li rispettano. Le amministrazioni devono rendere trasparente, anche nel linguaggio, la motivazione e il processo relativo a ogni decisione e a ogni atto, che devono rispondere a logiche pubbliche e non autoreferenziali; devono garantire ai cittadini e alle imprese il controllo e l’intervento sulle pratiche che li riguardano; devono mettersi al servizio dei provvedimenti politici e non bloccarli o ricattarli. Le amministrazioni rimborseranno i cittadini e le imprese che avranno subito un danno per dolo, colpa o semplice negligenza.  


27 maggio 2013
Giovanni Acerboni, Milano, italianista
Mariangela De Vecchi, Monza, medico 

Daniele Pecchioli, Firenze, giornalista 
Tommaso Raso, Belo Horizonte, linguista 
Salvatore Rizzi, Milano, musicista 
Stefano Sedda, Como, ingegnere
Guido Sitta, Ferrara, imprenditore

***

Di seguito, la prima versione delle tesi. Per noi quelle formulazioni non hanno più valore, tuttavia le lasciamo dove e come erano. Giovanni Acerboni, 27 maggio 2013.


"Io, questa situazione, non la volevo”.

È a chi ha pensato così, in questi giorni o negli ultimi anni, che noi rivolgiamo le nostre riflessioni e le nostre proposte.

Siamo di fronte al nostro disastro, il cui segno più evidente è lo spirito accusatorio di tutti contro tutti, lo scarico di responsabilità.

Noi pensiamo invece alla grande opportunità che il disastro, prima che sia completo, ci offre: accettare senza timori un presupposto diverso da quello che ci ha mosso finora.

Abbiamo resistito troppo alla cessione delle nostre prerogative. Prerogative individuali, settoriali, territoriali, politiche. Abbiamo difeso il nostro particolare oltre il limite della sua sostenibilità, e abbiamo perso di vista il bene comune, l’interesse generale.

Finora, abbiamo creduto possibili dei correttivi. Ma è ormai chiaro che è necessario ristrutturare profondamente il nostro sistema di convivenza civile, che non è in equilibrio nemmeno nel sistema internazionale, sul quale abbiamo perduto progressivamente la forza di incidere, di dire la nostra.

Eppure, la forza, l’immaginazione e il coraggio di darci delle nuove regole e di porci obiettivi di lungo periodo noi ce li abbiamo, come abbiamo dimostrato in tanti altri momenti più o meno drammatici della nostra storia.

Unire le diversità per il nostro interesse comune è la nostra proposta.

Il primo interesse, il più immediato, è salvare il nostro paese dal disastro e rilanciarlo.

Serviranno delle politiche adatte. Ma noi, in questo documento, non intendiamo proporre le politiche, bensì le tesi per rinnovare il patto della nostra convivenza, un patto di solidarietà, un patto di civiltà.


Le tesi

Tesi delle tesi: Vogliamo un paese (e un mondo) che garantisca la miglior convivenza possibile di tutti con la gestione delle risorse il più razionale possibile.


1.         Tesi sul modello civile 

Valorizzare la responsabilità individuale dei cittadini, la loro cultura e il loro senso di appartenenza alle comunità che formano il paese è una condizione necessaria per alimentare la coesione che permetta di ridurre la presenza dello Stato nel mercato libero, cioè nei luoghi degli scambi liberi tra le persone nelle attività associative, nelle azioni sociali e politiche, nelle imprese commerciali e produttive.

Le comunità che formano il paese sono insiemi di individui liberamente associati per località, rapporti sociali ed economici, affinità culturali e religiose, legami affettivi ecc., i quali devono poter proporre, scegliere e giudicare direttamente e non tramite organismi rituali e controllabili da pochi.

Chi usa le proprie capacità per il bene comune, cioè per migliorare le condizioni della comunità (non solo le proprie o di pochi) e per gestire al meglio le risorse per questo fine, dovrà essere premiato.

Per creare i presupposti del miglior futuro per le generazioni successive, è indispensabile oggi fornire opportunità a chi le merita, consentire a tutti di accedere al mercato libero dello sviluppo culturale ed economico, aiutare chi è in difficoltà, garantire la qualità di settori indispensabili che il mercato libero potrebbe non essere in grado di garantire.

I patti sociali, i diritti, i criteri di valutazione devono essere adeguati e adeguabili ai progetti per il bene comune.

I modelli di sviluppo devono essere sostenibili.


2.         Tesi sulla riforma istituzionale 

È necessario rimuovere il principio per cui nessuna istituzione ha un potere vero per la paura da parte di tutti che chiunque capeggi quella istituzione possa far soccombere gli altri.

La giustizia deve essere efficiente e non deve ricattare la politica ma operare rispettandola e rispettando le proprie competenze. I giudici devono rispondere per dolo, colpa, negligenza e colpevole inefficienza. Le carriere della magistratura giudicante e della magistratura inquirente devono essere separate. I procuratori generali rispondono al Consiglio Superiore della Magistratura delle scelte relative alle priorità degli interventi e dell’impiego delle risorse.

Lo Stato ha un monopolio limitato: ordine pubblico (giustizia, difesa), politica estera, fisco. In questi settori, lo Stato rispetta i diritti dei cittadini e limita le proprie azioni a ciò che è ragionevole (per esempio, nei contenziosi fiscali, il contribuente sarà trattato secondo la presunzione di innocenza, fino al giudizio definitivo di un tribunale terzo).

Nella sanità e nell’istruzione, i due settori in cui lo Stato deve fare da garante, ma che nello stesso tempo sono aperti all’iniziativa privata, lo Stato deve distinguere nettamente la funzione di controllo da quella di finanziatore e da quella di competitore.

Lo Stato finanziatore e competitore deve a) dichiarare gli ambiti propri del suo intervento e i limiti di tale intervento; b) stabilire delle regole valide per tutti i partecipanti, senza eccezioni. La politica ha il dovere di mantenere l’intervento dello Stato entro stretti limiti in relazione alle necessità del welfare, a quelle ambientali, energetiche, economiche e culturali.

Lo Stato deve garantire alle imprese e ai cittadini la libertà di iniziativa in tutti i settori, limitandosi a controllarne la legalità e a misurarne e indirizzarne gli effetti avendo come fine il bene comune.

Lo Stato difenderà le istituzioni e gli enti pubblici da chiunque tenti di renderle strumento di obiettivi diversi dal bene comune.

Le amministrazioni sono al servizio dei cittadini e delle imprese, che a loro volta le rispettano. Le amministrazioni devono rendere trasparente la motivazione e il processo relativo a ogni decisione e a ogni atto, che devono rispondere a logiche pubbliche e non autoreferenziali; devono garantire ai cittadini e alle imprese il controllo e l’intervento sulle pratiche che li riguardano; devono mettersi al servizio dei provvedimenti politici e non bloccarli o ricattarli. Le amministrazioni rimborseranno i cittadini che avranno subito un danno per dolo, colpa o semplice negligenza.

4 aprile 2013

Giovanni Acerboni, Milano, italianista
Franco Cazzaniga, Como, matematico
Mariangela De Vecchi, Monza, medico
Daniele Pecchioli, Firenze, giornalista
Tommaso Raso, Belo Horizonte, linguista
Salvatore Rizzi, Milano, musicista
Stefano Sedda, Como, ingegnere

(I firmatari sono cittadini che credono nella possibilità di generare politiche sane, e che per questo si sono impegnati nelle ultime elezioni con FARE per Fermare il declino, del cui Comitato Tematico Cultura e Comunicazione “Alfredo Pizzoni” sono membri).

1 commento:

  1. commento e stimolo a un più ampio dibattito

    http://www.leformedellapolitica.it/62-la-strada-per-l-inferno.html

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