giovedì 12 aprile 2012

Le oscurità della trasparenza del bilancio dei partiti

Da quel che appare, l'accordo tra PDL, PD e UDC sulla nuova legge per il finanziamento ai partiti si regge su alcuni presupposti cioè su assunti non espliciti.


Primo presupposto
Il presupposto primo di ogni legge è che vi sia una materia non normata o normata male. In questo caso, il presupposto stesso è privo di fondamento, perché un referendum impedisce il finanziamento pubblico dei partiti.

Dunque, in questo caso, la nuova legge non colmerebbe un vuoto né correggerebbe un difetto, come le altre leggi fanno, ma, a differenza delle altre, violerebbe la volontà popolare. Sarebbe un sopruso antidemocratico. Non varrebbe dunque la pena parlarne, ma facciamolo per non perderci il gusto di vedere le altre ipocrisie.

Secondo presupposto
Da quel che appare, il contenuto principale dell'accordo riguarda la trasparenza del bilancio dei partiti. Ciò presuppone che i bilanci dei partiti non siano trasparenti. Non solo: che l'attuale normativa non prevede la trasparenza dei bilanci (infatti, il referendum vieterebbe il finanziamento pubblico, dunque nessuna trasparenza per qualcosa che non dovrebbe esistere).

Terzo presupposto
L'accordo viene fatto in tutta fretta, non essendo nel programma di questo governo. Viene fatto per mettere una toppa allo scandalo dei fondi neri della Lega, che ha travolto Bossi. Forse che per la normativa attuale quel che è successo nella Lega è accettabile? Sì o no? In altri termini, Bossi, una volta scoperto con le mani nella marmellata, si è dimesso perché è vietato mettere le mani nella marmellata o solo perché mettere le mani nella marmellata non è bello?
Delle due l'una: o Bossi ha violato una legge esistente, oppure no. Se ha violato una legge esistente, che bisogno c'è di farne una nuova? Ecco dunque il presupposto della trasparenza: è un rimedio, un deterrente alla violazione della legge.


Quarto presupposto
La trasparenza è un termine coniato - seguo il Battaglia - dall'ABI nel 1986 e poi rilanciato a proposito della pubblica amministrazione da Sabino Cassese nel 1993, e significa la possibilità del cittadino di controllare l'operato del settore pubblico, di accedere ai documenti che lo riguardano, ecc. Il presupposto del deterrrente della trasparenza è dunque che i bilanci dei partiti siano attualmente opachi al controllo pubblico. In altri termini, la legge attuale consente ai partiti di spendere denaro pubblico senza renderne conto al cittadino, fonte di quel denaro. Il presupposto dell'attuale normativa è dunque tenere all'oscuro il cittadino dell'uso che i partiti fanno del suo denaro.

Quinto presupposto
Da questo ragionamento, appare che l'accordo di cui stiamo parlando ha un solo scopo: mandare ai cittadini il messaggio che i partiti non intendono più nascondersi. Domanda: perché ora? Solo perché è caduto Bossi? Oppure perché Bossi è caduto poco dopo che Rutelli è finito nei pasticci poco dopo che Penati è finito nei pasticci poco dopo che Fini è finito nei pasticci poco dopo che Scajola è finito nei pasticci e via risalendo?

Penso che si possa convenire sul fatto che anche i partiti si siano accorti che non ha più senso aspettare il prossimo che finirà nei pasticci.Il qiunto presupposto è dunque che i partiti hanno compreso di essere alle strette (ci si sono messi? li hanno messi i cittadini?).

Sesto presupposto
Come già Craxi nel 1993, la politica ammette che non le è più possibile fingere di non sapere, che i margini di credibilità sono ridottissimi. Con Tangentopoli, il sistema dei partiti andò in pezzi. E' quello che i partiti temono che possa succedere anche ora? Sembrerebbe di sì, a giudicare dal sesto presupposto: che l'accordo non prevede la modifica strutturale del finanziamento, non prevede tagli ai finanziamenti, non prevede rinunce alle rate che i partiti devono ancora riscuotere per le elezioni passate. Se vi fosse un accordo anche su queste questioni, infatti, i partiti sarebbero a serio rischio di chiusura. Infatti, e per fare un solo esempio, se il finanziamento fosse reso possibile solo ai privati, ogni partito potrebbe contare solo su coloro che credono in quel partito (lo nota anche Michele Ainis sul Corriere di oggi). Il che, considerando l'aria che tira, non è una gran garanzia. Non solo. Se il finanziamento fosse privato, altri partiti potrebbero entrare in concorrenza nel mercato del finanziamento della politica. Che cosa ci sia di male, non lo vedo (ma lo vede Stefano Rodotà sulla Repubblica di oggi).

Settimo presupposto
Se un partito teme di sparire per via di un finanziamento diversamente strutturato, significa che il finanziamento attuale è una specie di assicurazione sulla vita, che garantisce a un partito di sopravvivere (ancora per un po') alla perdita di consenso. Ecco il settimo presupposto: il finanziamento così com'è impedisce la perdita di consenso o, che in un certo senso è lo stesso, la perdita di percentuale. Meglio: impedisce che qualche altro partito (in particolare i partiti nuovi) possa raccogliere il consenso in uscita. Perché? Primo: perché un nuovo partito farebbe molta fatica ad attingere al finanziamento pubblico. Secondo: perché un piccolo partito esistente farebbe molta fatica ad attingere a finanziamenti più cospicui e dunque farebbe fatica a crescere. Guarda caso, l'accordo è fra i tre maggiori partiti. Strilla infatti Di Pietro, e strillerebbe anche la Lega, che però tace (c'è un limite a tutto).

Conclusione
L'accordo di cui stiamo parlando (che - bisogna pur dirlo - che non è noto nei particolari e che potrebbe poi essere mutato) ha una ragione di fondo: coprire e frenare la perdita della rappresentanza con un'operazione di potere e di dubbiosissimo profilo di costituzionalità (salve infatti le modifiche costituzionali di cui per l'appunto si parla. Ma pro futuro). Questo è il dato che mi pare più preoccupante: che i partiti, probabilmente perché non sono in grado di capirlo, non hanno la minima intenzione di verificare la loro rappresentatività, mettendo in discussione il patto elettorale con gli elettori, ponendo nuovi argomenti, rinnovando la classe dirigente e così via. No: i partiti si stanno chiudendo, stanno tagliando il legame con l'elettorato, e stanno mettendo l'elettorato nella condizione di continuare a votare quei soli partiti, o di non votare (il che equivale sempre a votarli, in buona sostanza). Molto pericoloso.

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